giovedì 22 marzo 2007

Le Apparizioni di San Michele

L'episodio del toro
Un giorno un ricco signore di Siponto faceva pascolare i suoi armenti sulla montagna del Gargano. All'improvviso scomparve il più bel toro. Dopo la lunga e affannosa ricerca lo trovò inginocchiato sull'apertura di una spelonca. Preso dall'ira, scoccò una freccia contro l’animale ribelle, ma in modo inspiegabile, anziché colpire il toro, la freccia ferì ad un piede il ricco signore.
Turbato dall'evento, egli si recò dal vescovo, che, dopo aver ascoltato il racconto della straordinaria avventura, ordinò tre giorni di preghiere e di penitenza. Allo scadere del terzo giorno, al vescovo apparve l'Arcangelo Michele che così gli parlò: "Io sono l 'Arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è una mia scelta; io stesso ne sono il vigile custode... Là dove si spalanca la roccia possono essere perdonati i peccati degli uomini... Quel che sarà qui chiesto nella preghiera sarà esaudito. Va', perciò, sulla montagna e dedica la grotta al culto cristiano".
Ma poiché quella montagna misteriosa e quasi inaccessibile era stata anche luogo di culti pagani, il vescovo esitò a lungo prima di decidersi ad obbedire alle parole dell'Arcangelo.


L'episodio della Vittoria
La seconda apparizione di S. Michele, detta "della Vittoria", viene tradizionalmente datata nell'anno 492, anche se alcuni studiosi di oggi riferiscono il fatto ad un episodio della guerra tra il duca longobardo Grimoaldo ed i Greci nel 662-663, quando la vittoria avvenuta l'8 maggio fu attribuita dai Longobardi all'intercessione e al valido aiuto di S. Michele.
Secondo la tradizione, la città di Siponto, assediata dalle truppe nemiche, era ormai vicina alla resa. I1 vescovo S. Lorenzo ottenne dal nemico una tregua di tre giorni e si rivolse fiducioso al Celeste Condottiero con la preghiera e la penitenza. Allo scadere del terzo giorno, al vescovo apparve l'Arcangelo Michele che gli predisse una vittoria sicura e completa. Questo messaggio riempì di speranza i cuori degli assediati. I difensori uscirono dalla città e diedero inizio ad una furiosa battaglia, accompagnata da folgori, tuoni e saette di straordinaria intensità. La vittoria dei Sipontini fu strepitosa.



L'episodio della Dedicazione
La terza apparizione viene chiamata "1'episodio della Dedicazione". Secondo la tradizione nell'anno 493, dopo la vittoria, il vescovo era ormai deciso ad eseguire l’ordine del Celeste Messaggero e consacrare la Spelonca a S. Michele in segno di riconoscenza, confortato anche dal parere positivo espresso da papa Gelasio I (492-496), ma di nuovo gli apparve l'Arcangelo e gli annunzio che Egli stesso già aveva consacrato la Grotta. Allora il vescovo di Siponto insieme ad altri sette vescovi pugliesi in processione, con il popolo ed il clero Sipontino, si avviò verso il luogo sacro. Durante il cammino, si verificò un prodigio: alcune aquile, con le loro ali spiegate, ripararono i vescovi dai raggi del sole. Giunti alla Grotta, vi trovarono già eretto un rozzo altare, coperto di un pallio vermiglio e sormontato da una Croce; inoltre, come racconta la leggenda, nella roccia trovarono l'orma del piede di un bambino – segno soprannaturale lasciato da S. Michele. Il Santo Vescovo vi offrì con immensa gioia il primo Divin Sacrificio. Era il 29 Settembre.
La Grotta stessa, come unico luogo di culto non consacrato da mano umana, ha ricevuto nei secoli il titolo di "Celeste Basilica".



La quarta apparizione
Era l’anno 1656 ed in tutta l’Italia meridionale infieriva una terribile pestilenza. L’Arcivescovo Alfonso Puccinelli, non trovando alcun ostacolo umano da contrapporre all’avanzata dell’epidemia, si rivolse all’Arcangelo Michele con preghiere e digiuni. Il Pastore pensò addirittura di forzare la volontà divina lasciando nelle mani della statua di San Michele una supplica scritta a nome di tutta la Città. Ed ecco, sul far dell’alba del 22 Settembre, mentre pregava in una stanza del palazzo vescovile di Monte Sant’Angelo, sentì come un terremoto e poi S. Michele gli apparve in uno splendore abbagliante e gli ordinò di benedire i sassi della sua grotta scolpendo su di essi il segno della croce e le lettere M.A. (Michele Arcangelo). Chiunque avesse devotamente tenuto con sé quelle pietre sarebbe stato immune dalla peste. Il vescovo fece come gli era stato detto. Ben presto non solo la Città fu liberata dalla peste, secondo la promessa dell’Arcangelo, ma tutti coloro che tali pietre ne richiedevano, dovunque si trovassero.
A perpetuo ricordo del prodigio e per eterna gratitudine, l’Arcivescovo fece innalzare un monumento a S. Michele nella piazza della Città, dove ancora oggi si trova, di fronte al balcone di quella stanza nella quale si vuole che avvenne l’apparizione, con la seguente iscrizione in latino:
AL PRINCIPE DEGLI ANGELI
VINCITORE DELLA PESTE
PATRONO E CUSTODE
MONUMENTO
DI ETERNA GRATITUDINE
ALFONSO PUCCINELLI
1656