domenica 4 marzo 2007

La condotta dell'anima

La condotta dell'anima



Gesù diceva: «Imita la mia umiltà; perché io sono Re di gloria e Re degli angeli, sono stato rivestito di vec­chi stracci e legato nudo alla colonna. Ho udito ogni obbrobrio, ogni calunnia vomitata addosso a me. Prefe­risci la mia volontà alla tua, perché per tutta la sua vita Maria, mia Madre e tua Signora, non ha mai fatto altro che la mia volontà. Se la farai anche tu, il tuo cuore sarà nel mio e sarà infiammato dal mio amore; e così come ciò che è secco e arido prende fuoco facilmente, allo stesso modo la tua anima sarà colma di me ed io sarò in te, in modo che tutte le cose temporali ti risultino amare e qualsiasi voluttà carnale sia un veleno per te. Ti riposerai fra le braccia della mia divinità, che è to­talmente priva di ogni voluttà carnale, ma contiene gioia e diletto dello spirito; infatti l'anima colma di gioia inte­riore ed esteriore non pensa né desidera altro che la gioia che la fa vibrare. Perciò non amare nulla all'infuori di me; in questo modo avrai tutto quello che vorrai a profusione. Non sta forse scritto che l'olio della vedova non viene mai meno? E che nostro Signore ha dato la pioggia alla terra, secondo le parole del profeta? Ora, io sono il vero profeta. Se credi alle mie parole e le segui, in te l'olio, la gioia, l'esultanza non verranno mai meno». Libro I, 1



Gesù sposo dell'anima

«Ti ho scelta e presa in sposa per manifestarti i miei segreti, poiché questa è la mia volontà. Del resto mi ap­partieni di diritto, in quanto alla morte di tuo marito hai rassegnato la tua volontà nelle mie mani, visto che, an­che dopo la sua scomparsa, hai pensato e pregato di es­sere povera e hai voluto lasciare ogni cosa per amore mio. Per questo mi appartieni di diritto. Era necessario che, con un amore così grande, mi prendessi cura di te; così ti prendo in sposa e per il mio diletto, il diletto che Dio prova per un'anima casta. La sposa, dunque, deve essere pronta quando lo sposo desidera solennizzare le nozze, affinché ella sia ricca a sufficienza, ornata e puri­ficata dal peccato di Adamo; quante volte, caduta nel peccato, ti ho sorretto e sostenuto. La sposa, inoltre, de­ve portare sul petto le insegne e la livrea del suo sposo; questo significa che devi fare attenzione ai benefici di cui ti ho colmato, alle opere che ho compiuto per te, os­sia: con quanta nobiltà ti ho creato dandoti un corpo e un'anima; di quanta eminenza ti ho dotato dandoti la salute e i beni temporali; con quanta dolcezza ti ho gui­dato, quando sono morto per te e ti ho trasmesso la mia eredità, se desideri averla. La sposa, poi, deve fare la vo­lontà del suo sposo; qual è la mia volontà, se non il fatto che tu mi ami al di sopra di ogni cosa e non desideri al­tro che me? Ora, sposa mia, se non desideri altro che me e se di­sprezzi tutto per amore mio, non solo ti darò come dol­ce e preziosa ricompensa figli e genitori, ma anche ric­chezze e onori, non l'oro e l'argento, ma me stesso; io che sono Re di gloria, ti darò me stesso come Sposo e premio. Se provi vergogna nell'essere povera e disprezzata, pensa che io, tuo Dio, ti ho preceduto lungo questa strada; i miei servitori e i miei amici, infatti, mi hanno abbandonato sulla terra, poiché non ho cercato gli amici della terra, ma del cielo. Inoltre, se temi il peso della fatica e dell'infermità, pensa quanto è doloroso bruciare nel fuoco. Cosa ti meriteresti se avessi offeso qualcuno così come hai offeso me? Anche se ti amo con tutto il cuore, non vengo mai meno alla mia giustizia: poiché mi hai offeso in tutte le tue membra, in esse troverai soddi­sfazione. Tuttavia, data la buona volontà che dimostri e i tuoi propositi di fare ammenda, tramuto la mia giusti­zia in misericordia, rimettendo, in cambio di una picco­la espiazione, i supplizi più dolorosi. Accetta dunque con entusiasmo una piccola pena, cosicché, purificata, tu ottenga più velocemente una ri­compensa più grande; è più ragionevole, infatti, che la sposa soffra e lavori con lo sposo, affinché possa riposa­re con lui con maggiore fedeltà». Libro I, 2



Rimani umile

«Io sono il tuo Dio e il Signore che onori. Sono co­lui che con la sua potenza regge il cielo e la terra, e che non ha alcun sostegno né appoggio. Sono colui che, sot­to le specie del pane e del vino, vero Dio e vero uomo, viene immolato ogni giorno. Sono colui che ti ha scelto. Onora il Padre mio; amami; obbedisci al mio Spirito, rendi grande onore a mia Madre, tua Signora. Onora tutti i miei santi; mantieni la retta fede che ti insegnerà colui che ha provato di persona il conflitto della verità e della falsità e che ha vinto grazie al mio soccorso. Man­tieni vera la mia umiltà. Qual è la vera umiltà se non quella di manifestare ciò che si è, e lodare Dio per i be­ni che ci ha dato? Ora, se vuoi amarmi, ti attirerò a me con la carità, come la calamita attira il ferro; e ti racchiuderò nella forza del mio braccio, così potente che nessuno può stenderlo, così fermo che quando è disteso nessuno può piegarlo o curvarlo; ed è pure così dolce che supera ogni aroma e non può essere paragonato con i piaceri del mondo, perché li supera tutti». Libro I, 3



Le parole con cui la gloriosa Vergine Maria ha insegnato a Santa Brigida come vestirsi

«Io sono Maria, che ha generato il vero Dio e vero uomo, il Figlio di Dio. Sono la Regina degli angeli. Mio Figlio ti ama con tutto il cuore, e per questo ricambialo. Devi ornarti di abiti onesti, dunque ti mostrerò quali sono e come devono essere. Per prima cosa ti è stata data una camicia, poi hai ri­cevuto una tunica, delle scarpe, un mantello e un collare per il tuo petto; allo stesso modo spiritualmente devi avere la camicia della contrizione: così come la camicia è maggiormente a contatto con la carne, allo stesso modo la contrizione e la confessione sono la prima strada per andare verso Dio, la strada attraverso cui l'anima che gioiva del peccato viene purificata e la carne rivestita. Le scarpe sono i due affetti, ossia: la volontà di fare ammenda delle colpe commesse, e la volontà di compie­re il bene e astenersi dal male. La tua tunica è la speran­za, con cui aspiri a Dio: infatti così come la tunica ha due maniche, allo stesso modo la giustizia e la miseri­cordia sono contenute nella tua speranza, affinché tu possa sperare in Dio in modo da non trascurarne la giu­stizia. Inoltre pensa alla sua giustizia e al suo giudizio a tal punto di non dimenticarne la misericordia, perché non c’è giustizia senza misericordia, né misericordia senza giustizia. Il mantello è la fede: in effetti, così come il mantello copre tutto, allo stesso modo l'uomo, me­diante la fede, può capire e raggiungere ogni cosa. Que­sto mantello deve essere disseminato dei segni dell'amo­re del tuo caro sposo: come ti ha creato, riscattato, nu­trito e introdotto nel suo spirito, e aperto gli occhi dello spirito. Il collare è il pensiero della Passione, che deve essere costantemente sul tuo petto: il modo in cui mio Figlio è stato schernito, flagellato e coperto di sangue; il modo in cui è stato steso sulla croce con i nervi trapas­sati, e in cui tutto il suo corpo ha tremato nella morte a causa dell'immenso dolore che provava; e il modo in cui ha rimesso il suo spirito nelle mani del Padre. Che que­sto collare penda sempre sul tuo petto. Che la sua coro­na sia sulla tua testa; in altre parole, ama profondamen­te la castità; di conseguenza sii pudica e onesta; non pensare a nulla, non desiderare altro che il tuo Dio, il tuo Creatore: quando avrai lui, avrai tutto; e così ornata e adorna aspetterai l'arrivo del tuo caro Sposo». Libro I, 7



Come pregare

«Io sono il tuo Dio - vero Dio e vero uomo in una persona - che, messo in croce, è tutti i giorni nelle mani dei sacerdoti. Quando mi rivolgi una preghiera, finiscila sempre con queste parole: 'Sia fatta la tua volontà, e non la mia'. A volte desideri cose contrarie alla tua sal­vezza e per questo è necessario che tu sottometta la tua volontà alla mia, perché io so tutto e provvedo a ogni cosa ti sia utile. Certo, diversi uomini mi pregano, ma non con il giusto intento; per questo motivo non meri­tano di essere esauditi». Libro I, 14



Il modo in cui la sposa deve prepararsi alle nozze

La Santa Vergine parlava alla sposa, dicendo: «Spo­sa di mio Figlio, amalo perché egli ti ama; onora i santi, che sono alla sua presenza, perché essi sono simili a in­numerevoli stelle; il loro fulgore e il loro splendore non possono essere paragonati a nessuna luce temporale; perché così come la luce del mondo è diversa dalle te­nebre, allo stesso modo c'è molta più differenza fra la luce dei santi e la luce di questo mondo». Poi il Figlio della Vergine parlò alla sua sposa, di­cendo: «Mia sposa, devi avere quattro cose: essere pronta per le nozze della mia divinità, nelle quali non c’è nessuna volontà carnale, bensì un grande piacere spirituale, come è giusto che provi Dio per l'anima ca­sta, in modo che l'amore per i tuoi figli, i beni e i geni­tori non ti distolga dall'amore per me, evitando così che tu faccia la fine delle vergini stolte (Mt 25), che non era­no pronte quando nostro Signore volle invitarle alle nozze; perciò ne furono escluse. Poi devi credere alle mie parole, perché io sono la Verità, fonte di verità, dalla mia bocca non è mai uscito altro che la verità, e nelle mie parole c'è solo la verità; per questo a volte ciò che dico va inteso in senso spiri­tuale, altre volte va preso alla lettera; perciò le mie paro­le devono essere capite nel modo dovuto; e nessuno può accusarmi di menzogna. Devi inoltre essere ubbidiente... Obbedisci con umiltà e gioia a quelli cui devi obbedire; non fare ciò che ti sem­bra utile e ragionevole se è contrario all'ubbidienza. Infat­ti, conviene che tu rinunci per obbedienza alla tua vo­lontà, sebbene essa sia buona e segua la volontà di colui che comanda, se ciò che egli ti ordina non è contrario alla salvezza della tua anima o se non è irragionevole. Infine devi essere umile, perché sei unita da un ma­trimonio spirituale: per questo devi essere umile e pudi­ca all'arrivo del tuo sposo. Che il tuo servitore, ossia il tuo corpo, sia moderato. Sarai certamente fertile e fe­conda grazie al seme spirituale e sarai d'aiuto a più per­sone. Quando in un tronco secco viene inserito un inne­sto, il tronco fiorisce senza dare frutti; tu, invece, dovrai sia fiorire sia fruttificare attraverso la mia grazia che ti inebrierà, affinché l'intera corte celeste si rallegri del vi­no di dolcezza che ti devo dare. Non sfidare la mia bontà. Ti garantisco che, così come Zaccaria ed Elisa­betta hanno avvertito interiormente una gioia ineffabile quando venne loro promessa la nascita di un figlio, an­che tu gioirai intimamente delle grazie di cui voglio col­marti e gli altri gioiranno attraverso te». Libro I, 20



Come da un bene modesto l'uomo assurge a un bene perfetto

«Talvolta da un bene modesto deriva una grande ri­compensa», diceva il Figlio di Dio alla sposa. «Il dattero ha un profumo buonissimo e contiene un nocciolo: se lo si mette nella terra grassa, questo cresce e genera frutti e a poco a poco diventa un albero; ma se viene posto in un terreno sterile, si secca perché quella terra, troppo arida per fruttificare, si diletta e gode nel peccato e non diventa grassa nemmeno se viene gettato il seme delle virtù. Viceversa è ricca la terra dello spirito di colui che conosce il peccato e si pente di averlo commesso; se in essa viene seminato il nocciolo del dattero, ossia la seve­rità del mio giudizio e della mia potenza, nel suo spirito crescono tre radici. La prima radice sono quegli uomini che pensano di non poter far nulla senza il mio soccorso; dunque si ri­volgono a me in preghiera. La seconda sono quelli che iniziano con il fare una piccola elemosina in nome mio. La terza quelli che si disfano e si liberano dalle cose che li vincolano per servirmi, si dedicano al digiuno e ab­bandonano la loro volontà: questo è il tronco dell'albe­ro. In seguito, attirando a sé tutti i beni possibili, rendo­no possibile la crescita dei rami della carità; quando, in­fine, insegnano agli altri tutto quello che sanno, il frutto giunge a maturazione. Essi cercano il modo di compiere ciò con l'intento di aumentare il mio onore; per questo un frutto del genere mi è molto gradito. Così, dunque, da un bene modesto essi assurgono a un bene perfetto e compiuto. Inizialmente queste per­sone gettano le radici con devozione mediocre; poi, però, il corpo cresce mediante l'astinenza, i rami si mol­tiplicano con la carità e il frutto cresce grazie alla predi­cazione». Libro I, 43



La Passione di Cristo deve essere sempre presente nei nostri cuori

«Io sono il tuo Creatore e il Redentore delle anime; sono il Dio che ami sopra ogni cosa. Guarda e medita: le anime che ho riscattato con il mio sangue sono come le anime di quelli che ignorano Dio; queste ultime giac­ciono nell'orribile prigionia del diavolo che le affligge furiosamente in tutte le loro membra, come un torchio implacabile. Per questo, se assapori e conosci le mie piaghe nel tuo spirito, se in esso è sempre presente la mia flagellazione e se provi dolore per la reputazione di qualcuno, mostra ai tuoi poveri quanto mi ami, dichiara in pubblico le parole che ho pronunciato con la mia stessa bocca e annunciale di persona ai vertici della Chiesa. Certo, ti darò il mio Spirito. Ovunque ci sia dissenso fra due individui, se essi credono nel mio nome, potrai riunirli e riconciliarli mediante la virtù che ti è data. Inoltre, affinché le mie parole abbiano maggior rilievo, ne porterai la testimo­nianza al pontefice: gli uomini di Chiesa le gustano e ne gioiscono, perché le mie parole sono come il grasso che si fonde e si liquefa con facilità quanto più è caldo; ma quando è privo di calore, non fa presa e non pene­tra all'interno. Lo stesso succede con le mie parole, perché più l'uomo è infiammato dalla mia carità, più le medita e le divora e più assimila il grasso della mia dolcezza, della gioia celeste e di quella del mio amore e maggiore è l'ardore con cui si infiamma nel mio amore». Libro 1, 52



Dialogo e consigli di Gesù alla sua sposa

«Diverse persone si stupiscono perché parlo con te e non con gli altri che conducono un'esistenza migliore e mi hanno servito più a lungo di te. Io rispondo loro con un esempio. Un signore aveva diverse vigne, situate in più luo­ghi, il cui vino aveva l'odore e il gusto della terra di ogni vigna. Ora, dopo che l'uva fu pigiata e il vino fil­trato, il padrone della vigna bevve i vini di qualità me­diocre e inferiore, ma non quello migliore. Se qualcu­no dei presenti e degli aiutanti gli avesse chiesto il mo­tivo di ciò, egli avrebbe risposto che quest'ultimo tipo di vino era certamente di suo gradimento e gli pareva il più dolce, ma che il padrone della vigna non versa il vino migliore, né lo disprezza, ma lo conserva sino a quando non sia giunto il momento di fargli onore e di renderlo utile, dandone un po' a ciascuno. Io con te faccio lo stesso. Ho diversi amici la cui vita mi è più dolce del miele, più deliziosa del vino e più lu­minosa ai miei occhi che non il sole. Tuttavia mi è pia­ciuto eleggerti nel mio spirito, non perché tu fossi mi­gliore o al loro livello, o perché fossi più degna di loro quanto a meriti, ma perché io ho voluto così; infatti ren­do saggi gli stolti, giusti i peccatori; né l'averti fatto una grazia del genere significa che disprezzi gli altri, anzi li riservo per la mia utilità e il mio onore, come esigerà la mia giustizia. Per questo motivo umiliati in ogni cosa, e curati unicamente dei tuoi peccati. Ama tutti, anche co­loro che sembrano odiarti di più ed essere i tuoi detrat­tori principali, perché essi costituiscono l'occasione mi­gliore per guadagnarsi una corona. In particolare ti vie­to di fare tre cose, ti permetto di farne tre e ti consiglio di farne altrettante. Prima di tutto non devi desiderare altro che Dio e occorre che tu respinga ogni forma di superbia e di ar­roganza e che eviti sempre la lussuria della carne. Ti vie­to per prima cosa di amare le parole vuote e frivole; se­condariamente di cercare le superfluità del cibo e delle altre cose; e in terzo luogo di concederti alla superficia­lità del mondo e alle sue gioie. Viceversa ti permetto di fare tre cose: la prima, di dormire, con moderazione, per avere una buona complessione; la seconda, di bada­re con temperanza all'esercizio del corpo; la terza, di mangiare, con moderazione, per fortificare e sostentare il corpo stesso. Poi ti consiglio tre cose: lavorare nel digiuno e com­piere opere di bene, cui è promesso il Regno dei cieli; disporre nel modo dovuto di ogni cosa che rende onore e grazia a Dio; meditare senza sosta due cose nel tuo cuore: quello che ho fatto per te, soffrendo e morendo per amore tuo, poiché questo pensiero stimola l'amore per Dio; e pensare alla mia giustizia e al mio terribile giudizio, perché ciò stimola il timore. Infine, quello che ti comando e ordino, consiglio e permetto, è che tu mi obbedisca come sei tenuta a fare. Te lo comando, perché sono il tuo Dio; te lo ordino, perché sono il tuo Signore; te lo permetto, perché sono il tuo Sposo; te lo consiglio perché sono il tuo amico». Libro II, 16



La Saggezza Divina non sta nelle Scritture ma nel cuore e in un'esistenza retta

«Io che ti parlo sono il Creatore di tutte le cose e non sono stato creato da nessuno. Prima di me non c'era nulla, né ci sarà dopo di me. Senza di me non po­teva esistere niente, perché sono il Signore alla cui po­tenza non può resistere nessuno e dal quale dipendono qualsiasi potenza e qualsiasi dominio. Ti parlo come un uomo parla alla sua sposa. Mia sposa, dobbiamo avere tre case e in esse devono esserci il pane, una bevanda e della carne. Forse mi chiederai cosa intendo per pane: 'Non è il pane che si trova sull'altare?'. Certamente lo è, ma oc­corre pronunciare per bene le parole: 'Questo è il mio corpo'; non è pane, bensì il corpo che ho assunto nel ventre verginale di Maria, e che è stato crocifisso. E’ questo il pane che dobbiamo avere in casa e consiste in una volontà buona e sincera. Il pane corporale, se è puro, ha due effetti positivi: innanzitutto nutre e rafforza le vene, le arterie e i nervi; poi elimina la cancrena interna e la espelle, purificando l'uomo. Lo stesso succede con la volontà pura: conforta l'uomo, perché, se questi vuole solo quello che vuole Dio, non si tormenta e non si dà pena, ma cerca l'onore e la gloria del Padre; desidera con tutto il cuore lasciare le cose del mondo e stare con Dio. Tale volontà confor­ta l'uomo stimolandolo a compiere il bene e accrescen­do il suo amore per Dio, lo spinge a detestare il mondo, ne fortifica la pazienza e ne rafforza la speranza di otte­nere la gloria, tanto che egli tollera e sopporta con gioia ogni genere di cosa. Una buona volontà sradica e re­spinge ogni cancrena. Quale corruzione nuoce all'anima se non la superbia, la cupidigia e la lussuria? Quando la cancrena della superbia e di altri vizi coglie lo spirito dell'uomo, questi la scaccia se la ritiene vana, perché non è decente che l'uomo lodi se stesso per quello che riceve, mentre è giusto che lodi colui da cui riceve. La cupidigia è vana, in quanto tutto ciò che è della terra ci lascerà nel giorno della morte. Se si ha orrore della lus­suria e si desidera seguire la volontà di Dio, il cui pre­mio è senza fine e i cui beni non invecchiano mai, allora scompare la tentazione della superbia e della cupidigia e la volontà rimane nel bene. La bevanda da tenere nelle nostre case è quella della divina lungimiranza in ogni cosa che dobbiamo fare. Le bevande corporali hanno due effetti positivi: innanzitut­to permettono una buona digestione; infatti, chiunque si proponga e intenda compiere del bene - se esamina con attenzione, valutando quale onore ne ricaverà Dio, quale utilità il prossimo e quale vantaggio l'anima -, ve­drà che nelle sue azioni c'è un'utilità divina. Queste opere avranno uno sviluppo positivo, proprio come una buona digestione; se egli riscontra qualche sconsidera­tezza nel compimento delle proprie azioni, la scoprirà immediatamente; se vi trova qualcosa di iniquo, lo cor­reggerà subito e a quel punto il suo operato sarà retto, giusto, assennato e fonte di edificazione per gli uomini. Infatti colui le cui opere non sono state meditate in an­ticipo secondo i criteri divini, non cerca né l'utilità dell'anima, né l'onore di Dio; e benché inizialmente la sua opera abbia dei risultati felici, l'intento con cui l'ha compiuta sarà vano se alla fine egli non apporterà delle correzioni. Inoltre, le bevande dissetano: quale sete è peggiore del peccato? Se l'uomo pensa in anticipo alle conse­guenze dei peccati e alla miseria che comportano, alle ricompense di chi resiste a questa malvagia e inappaga­bile sete di vizi, allora la grazia divina estinguerà all'istante questa stessa sete; in lui si accenderà l'ardore della carità divina e dei desideri buoni; egli proverà la gioia di non aver ceduto al male che covava nello spiri­to, ed eviterà ciò che l'avrebbe fatto cadere se non fosse stato soccorso dalla meditazione e se essa non l'avesse reso più attento in futuro. Mia sposa, è questa la bevan­da che dobbiamo tenere in casa. In terzo luogo, nella nostra abitazione ci deve essere della carne da mangiare, perché essa svolge due funzio­ni: prima di tutto rende saporiti gli altri cibi ed è più adatta al corpo che non il pane da solo; poi fa buon san­gue, meglio del pane e del vino non accompagnati. Tale è l'effetto anche della carne spirituale. Ora, qual è que­sta carne se non la saggezza divina? Infatti, qualunque uomo di buona volontà desidera unicamente ciò che ap­partiene a Dio e la divina meditazione dei suoi misteri e non fa nulla se non reca maggiore onore a Dio stesso; persone come queste sono molto sagge. Potresti chiederti quale sia la saggezza divina; da una parte, infatti, ci sono molte persone semplici che cono­scono solo il Pater noster e ancora a stento; altre, invece sono molto sagge: sono forse queste ultime ad avere la saggezza divina? No, perché essa non sta propriamente nelle Scritture, ma nel cuore e in un'esistenza retta. ...Chi si abbandona il più possibile all'amore di Dio ha il cibo della saggezza - che rende più saporita la buona volontà - e medita in anticipo sulle proprie azio­ni: infatti quando l'uomo pensa alla morte e nella morte alla completa privazione di ogni cosa..., ritiene sia più ragionevole amare ciò che è eterno piuttosto che le cose periture. La saggezza divina, dunque, non sta esatta­mente nelle Scritture, ma nelle buone azioni... Perciò, mia sposa, raccogliamo e accumuliamo nei nostri granai queste tre cose: la buona volontà, la medi­tazione divina sulle azioni che vogliamo compiere e la saggezza di Dio, perché di queste tre cose dobbiamo gioire, sebbene io debba avvertire te e tutti i miei eletti che l'anima di ogni giusto è mia sposa, perché io sono il Creatore e il Redentore». Libro II, 25



La Santa Vergine diceva a Santa Brigida: «Imprimi nel tuo cuore il ricco ornamento dell'amarissima Passione di mio Figlio...»

Giunse il Figlio, e questi parlò alla sposa dicendo: «Ti ho detto tutto quello che bisogna tenere nelle no­stre case. Ma oltre a ciò devi avere tre tipi di abiti: il pri­mo è un vestito di lino, ottenuto da una pianta che cre­sce dalla terra; il secondo è costituito da pelli d'animale; il terzo è fatto con la seta prodotta dai bachi. L'abito di lino ha due qualità positive: è morbido e soffice sulla pelle e non perde mai il suo colore candido; anzi, più lo si lava, più è bianco. Anche il secondo vestito, quello di pelle, ha due vantaggi: copre il corpo e lo tiene caldo quando fa freddo. Pure il terzo abito, quello di seta, ha due caratteristiche: è molto bello e delicato ed è molto prezioso. L'abito di lino, adatto per coprire il corpo nudo, e simbolo di pace e concordia. L'anima pia e devota deve avere questa pace con il suo Dio, non desiderando altro che fare la sua volontà e nel modo a lui gradito; non de­ve provocarne l'ira con il peccato, perché fra Dio e l'anima non c'è pace se essa non abbandona il peccato e persegue, invece, la strada della concupiscenza. L'anima inoltre deve essere in pace con il prossimo: non deve nuocergli ma anzi soccorrerlo e soffrire se ha peccato contro di lui; perché cosa c'è di più infelice del pecca­to? L'anima che desidera peccare non trae mai soddi­sfazione né felicità dal peccato, poiché lo desidera senza sosta e non ha mai tregua. Cosa c'è di più amaro e cosa affligge più crudelmente l'anima che si cruccia nei con­fronti del prossimo e nutre invidia per i suoi progressi e per le sue virtù? L'anima, dunque, deve essere in pace con Dio e con il prossimo, perché non c’è maggior ripo­so al mondo - e modo migliore per non essere incalzato né confuso dalle cose mondane - che smettere di pecca­re. Similmente non c'è nulla di più dolce della presenza del bene, del progresso del prossimo e del fatto di desi­derare per lui ciò che si desidera per se stessi. L'abito di lino, che deve aderire alla pelle, significa che la pace, fra le altre virtù, deve essere più vicina e manifesta nel cuore in cui vuole riposare Dio, perché in­troduce e custodisce Dio nel cuore stesso. Questa pace e la pazienza nascono dal pensiero della propria infermità; come il lino, anche l'uomo viene dalla terra e deve medi­tare sulla propria infermità, perché nel momento stesso in cui è offeso, si irrita e si lamenta e si sente leso. Se pensasse a sé nel modo dovuto, non farebbe agli altri quello che lui stesso non può sopportare, perché il suo prossimo è infermo quanto lui e come lui, neanche il suo prossimo vuole patire pene simili. Allora la pace non perderebbe il suo colore, ossia la sua stabilità, ed anzi diventerebbe più costante, perché il pensiero dell'infermità del prossimo e della propria fa si che l'uo­mo sopporti con pazienza le ingiurie. Ora, se a causa dell'impazienza, la pace viene infangata e oscurata, essa diventa ancora più bianca davanti a Dio nel momento in cui viene purgata dalla penitenza. La pace, inoltre, è tanto più gioiosa e forte nei confronti della sofferenza, quanto più viene messa alla prova e lavata e quanto più si guarda dall'impazienza, perché gioisce della speranza delle ricompense che attendono l'anima pacifica. Il secondo abito, quello di pelle, simboleggia le ope­re di misericordia; questi vestiti sono fatti con la pelle di animali morti. Ora, chi sono questi animali se non i miei santi, che sono semplicissimi? L'anima deve essere co­perta con le loro pelli, ossia deve imitare e compiere le loro opere di misericordia. Questi vestiti servono a due cose: a coprire la nudità dell'anima peccatrice, purifi­candola dalla corruzione, affinché compaia pura davan­ti a me e a proteggere dal freddo; infatti, cos'è il freddo dell'anima se non la tenacia nel commettere il peccato e l'insensibilità verso i sentimenti ispirati dal mio amore? Le opere di misericordia difendono con efficacia da questo freddo, poiché rivestono l'anima. Grazie alla mi­sericordia, Dio visita l'anima ed essa si avvicina mag­giormente a lui. Il terzo vestito, quello di seta costosa e prodotta dai bachi, è simbolo di astinenza, poiché quest'ultima è bel­la davanti a Dio, agli angeli e agli uomini. Anch'essa co­sta molto a colui che l'acquista perché purtroppo l'uo­mo trova duro e difficile mordersi e frenare la lingua per non pronunciare parole vuote. Per lui è amaro mor­tificare la concupiscenza della carne, privarsi delle cose superflue e abbandonare i piaceri ed è difficile infrange­re e contravvenire alla propria volontà. Eppure è cosa sommamente utile e buona. Per questo, mia sposa, per mezzo della quale mi ri­ferisco a tutti i fedeli, raccogliamo e accumuliamo nella nostra seconda casa la pace con Dio e con il prossimo, compatendo e aiutando i poveri attraverso le opere di misericordia». Libro Il, 26



Le qualità necessarie per compiere le opere di Dio

Il Figlio di Dio, generato prima del tempo, parlava alla sua sposa dicendo: «L'uomo non deve fare nulla per acquistare gli onori né per essere lodato dai suoi si­mili: spinto dall'amore, deve agire per avere una ricom­pensa eterna. Così l'uomo esamini con diligenza e precisione le proprie opere e le intenzioni, lo scopo e la ricompensa con cui le ha compiute; questo perché, qualora riscontri nelle proprie azioni una qualche vanità, possa strappar­la con la vanga della discrezione; così come all'esterno coltiva il suo prossimo - che è estraneo alla casa, ossia al di fuori della compagnia dei miei amici a causa dei suoi peccati -, similmente all'interno raccoglie i propri frutti attraverso la carità divina. Per questo occorre non sol­tanto arare con efficacia all'esterno, ma anche conside­rare accuratamente nel proprio intimo il modo e l'inten­zione con cui si agisce e si lavora. Nella terza casa ci devono essere degli strumenti animati, ad esempio i cavalli, per trasportare ciò che è morto e vivo. Tali strumenti indicano la vera confessio­ne; essa, infatti, fa andare avanti i vivi e i morti. Cosa significa ciò che è vivo, se non l'anima che ha creato la mia divinità e che vive in eterno? Attraverso la confessione, essa si avvicina sempre di più a Dio; infatti, l'animale nutrito meglio più di frequente trasporta i ca­richi con maggior facilità ed è più bello da guardare, e lo stesso dicasi per la confessione: 'più è frequente, più è puntuale sia per le colpe grandi che quelle piccole ed è tanto più gradita a Dio in quanto introduce l'anima nel cuore di Dio stesso. Per questo mia sposa, nome con il quale mi rivolgo a tutti i miei amici buoni e fedeli, raccogliamo e accu­muliamo nelle nostre case le cose di cui nostro Signore Dio vuole dilettarsi spiritualmente nell'anima santa. Nella prima casa, dobbiamo accumulare il pane di una volontà sincera, desiderando esclusivamente quello che vuole Dio; la bevanda della meditazione divina che precede le azioni, in modo che ogni opera si prefigga l'onore di Dio e la carne della saggezza divina, pensan­do sempre a quello che ci deve succedere e al modo in cui disporre e ordinare le cose presenti. Nella seconda casa, dobbiamo accumulare: la pace con Dio, abbandonando il peccato, rifuggendo da qual­siasi disputa e discordia; le opere di misericordia, attra­verso cui ci rendiamo utili al prossimo; la completa asti­nenza, mediante la quale reprimiamo e tratteniamo qualsiasi cosa possa turbare la nostra pace. Nella terza casa, dobbiamo accumulare: i pensieri buoni e ragionevoli, per arricchire e nobilitare interior­mente la nostra casa; i sensi composti e mortificati, per innalzare esteriormente i nostri amici; una confessione vera e buona, attraverso la quale se siamo morti, possia­mo tornare a vivere. Eppure, malgrado le persone abbiano delle case, non riescono a custodire al loro interno ciò che hanno accumulato se non con delle porte, che non possono aprirsi senza cardini, né essere chiuse senza serrature. Per rendere sicuro quello che è stato accumulato, oc­corre dunque che la casa abbia una porta, simbolo della speranza ferma, sicura, non indebolita dalle avversità, una speranza che deve essere fondata su questi due punti: non disperare di poter acquistare la gloria e non perdere la fiducia di evitare i supplizi dell'inferno. In ogni avversità, infatti, bisogna confidare sempre nella misericordia divina e sperare in cose migliori; la ser­ratura di questa porta è la carità divina, mediante la quale custodire la porta stessa affinché il nemico non entri in casa; infatti a cosa servirebbe una porta priva di serratu­ra? Sarebbe come nutrire una speranza priva di carità, perché se qualcuno spera nelle cose presenti e dispera della misericordia divina, non ha timor di Dio e non lo ama; ha una porta senza serratura attraverso cui il nemico entra quando vuole per massacrarlo ed ucciderlo. Ora, la speranza giusta e retta è che chi spera non si limiti a ciò ma faccia del bene nella misura del possibile; se infatti, pur potendo fare delle buone azioni, non le ha compiute, egli non gioirà delle cose celesti. Se qual­cuno non ha compiuto il bene nonostante ciò fosse nel­le sue possibilità, abbia la buona volontà di compiere il bene che potrà; quando non potrà farlo, speri ferma­mente di potersi avvicinare a Dio con la buona volontà e la carità divina. Occorre inoltre nutrire un fervore ardente nell'ama­re Dio, e molta cura del modo in cui lo si imiterà e pro­vare dolore per non poter fare tutto il bene che si vor­rebbe e che si dovrebbe. Bisogna infine avere l'umiltà, attraverso cui l'uomo stima meno di nulla le proprie azioni se pensa ai propri peccati. La serratura sia muni­ta dei necessari meccanismi che la fanno funzionare, per paura che il diavolo apra facilmente la serratura della carità, nella quale Dio riversa il proprio amore. Ora, la chiave con cui si chiude e si apre la serratura deve esse­re il desiderio di un solo Dio; tale desiderio deve ac­compagnarsi alla carità e all'opera divina, in modo che l'uomo desideri unicamente Dio grazie a un grandissi­mo amore nei suoi confronti, in quanto il desiderio rac­chiude Dio nei nostri cuori e i nostri cuori in Dio. Ora, la sposa e lo Sposo devono semplicemente ave­re con sé questa chiave, in altre parole Dio e l'anima, af­finché ogni volta che Dio desidera entrare nei nostri cuori e gioire dei beni e delle virtù dell'anima, abbia li­bero accesso grazie alla chiave dei desideri fermi e co­stanti del cuore stesso; da parte sua l'anima, ogni volta che vorrà entrare nel cuore di Dio, dovrà poterlo fare in piena libertà, poiché non desidera altro che Dio. Questa chiave va custodita anche attraverso la potenza di Dio e la carità divina, affinché il posto dell'anima non sia pre­so dal diavolo. Vedi, mia sposa, qual è l'amore che Dio nutre nei confronti dell'anima. Per questo rimani salda e compila mia volontà». Libro II, 27



Dio paragonato a un uccello che si occupa dei suoi piccoli

San Giovanni Battista parlava alla sposa di Gesù Cristo, dicendo: «C'è un uccello chiamato gazza che ama molto i suoi piccoli, perché ha portato nel proprio ventre le uova da cui sono nati. Quest'uccello costruisce il suo nido con frammenti e cose vecchie per tre motivi: per il riposo, per ripararsi dalla pioggia e dal caldo ec­cessivo e per avere un luogo in cui nutrire i propri pic­coli. Una volta che questi ultimi sono nati e diventati grandicelli, la madre li stimola a volare in tre modi: nu­trendoli con il cibo con cui nutre se stessa, richiaman­doli con la sua voce e volando per dare l'esempio. Ma gli uccellini, che amano la loro madre e sono abituati al cibo materno, progrediscono poco per volta seguendo la gazza nel nido; poi, se le forze aumentano, si spingo­no oltre, finché l'abitudine e l'esperienza non li rendo­no perfettamente atti al volo. Quest'uccello rappresenta Dio, che esiste da sempre e non cambia mai; da lui dipendono tutte le anime as­sennate, così come le giovani gazze dipendono dal ven­tre della madre. Ad ogni anima viene destinato un nido nel quale Dio nutre l'anima con il cibo degli affetti buo­ni, ne protegge le orecchie dalle parole cattive, e la pone al riparo dalla pioggia delle cattive azioni. Ora, ogni anima è congiunta al corpo per guidarlo, non per esserne retta, per stimolarlo al lavoro e averne cura in modo assennato. Dio, dunque, come una brava madre, insegna all'anima a trarre vantaggio e a progre­dire nelle cose migliori; insegna a uscire da ciò che è an­gusto per aprirsi a quello che va fatto e detestare ciò che occorre evitare; questo avviene in primo luogo nei con­fronti della carne, conferendole il raziocinio, la ragione e l'intelligenza secondo le capacità di ciascuno, mo­strandogli ciò che è obbligatorio e ciò che è vietato, quello che bisogna fare e quello che invece occorre evi­tare. Ma, così come la madre insegna e cresce i suoi pic­coli nel nido, allo stesso modo l'uomo impara innanzi­tutto a meditare sulle cose celesti e a pensare quanto li­mitato e vile sia il nido del corpo, quanto siano fulgide e luminose le cose celesti, e quanto sia piacevole ciò che è eterno. Dio guida l'anima anche con la voce, quando dice: 'Chi mi segue avrà la vita; chi mi segue non morira. Questa voce conduce in cielo; chi non l'ascolta è sordo o ingrato alla dilettazione materna. In terzo luogo, Dio guida e attira l'anima a sé con il volo, ossia con l'esempio della propria umiltà. L'uma­nità gloriosa di Gesù Cristo ha ricevuto due specie d'ali: di purezza assoluta e che compiono ogni genere di be­ne. L'umanità di Gesù volava verso il mondo con que­ste due ali. L'anima, dunque, segua il volo di queste due ali fin­ché potrà e, non riuscendo a farlo con le opere, almeno lo faccia con l'amore e con il desiderio». Libro Il, 29



Tre cose con cui evitare il peccato

«Le tre cose con cui evitare il peccato sono: una peni­tenza perfetta, l'intenzione di non voler mai peccare e fa­re ammenda secondo il consiglio di chi ha disprezzato il mondo. E le tre cose per ottenere l'amore sono: l'umiltà, la misericordia e l'opera della carità, perché chiunque di­ca anche un solo Pater noster per ottenere la carità, avver­tirà ben presto gli effetti della carità su di sé». Libro III, 12



Tutta la Santa Trinità rende testimonianza alla sposa

«Mio Dio dolcissimo! Ti prego per i peccatori, fra i quali ci sono anch'io, affinché tu abbia misericordia di loro». Dio Padre rispose: «So e ho sentito la tua volontà; per questo motivo la tua preghiera caritatevole sarà sod­disfatta. Come dice oggi San Giovanni nella sua Episto­la, o meglio come dico io attraverso lui: 'Sono in tre a rendere testimonianza in terra: lo Spirito, l'acqua e il sangue; e tre in cielo: il Padre, il Figlio e lo Spirito San­to'. Poi ci sono tre cose che ti rendono testimonianza: perché lo Spirito, che ti ha custodito nel ventre materno, attesta alla tua anima che tu appartieni a Dio grazie alla fede del battesimo che i tuoi genitori hanno professato per te. L'acqua del battesimo ti testimonia che sei figlia dell'umanità di Gesù Cristo, grazie alla rinuncia e alla correzione della prima trasgressione. Anche il sangue di Gesù Cristo ti rende testimonianza che sei stata riscatta­ta, che sei figlia della Divinità e che sei stata separata dalla potenza del diavolo con i sacramenti della Chiesa. Anche noi, Padre, Figlio e Spirito Santo, tre in una Persona, ma uno in sostanza e potenza, ti rendiamo te­stimonianza del fatto che ci appartieni attraverso la fede e come te tutti quelli che imitano la retta fede della San­ta Chiesa. Come testimonianza che vuoi compiere la no­stra volontà, avvicinati e ricevi il corpo e il sangue dell'umanità di Gesù Cristo, affinché il Figlio ti renda testimonianza che appartieni a colui del quale ricevi il corpo per fortificare l'anima. Il Padre che è nel Figlio ti rende testimonianza che sei del Padre e del Figlio. Lo Spirito Santo, inoltre, ti rende testimonianza che è nel Padre e nel Figlio, e che appartieni a questa Trinità e unità mediante la vera fede e la dilettazione devota». Libro III, 23



La Santa Vergine istruisce la sposa sul modo in cui amare

La Madre di Dio parlò alla sposa, dicendo: «Figlia mia, non mi ami?» Ella rispose: «Signora, insegnami come amare, per­ché la mia anima è stata oscurata dalla dilettazione sba­gliata e non sa provare quella vera». «Ti insegnerò», disse la Madre di Dio, «poiché esistono quattro città in cui si trovano quattro carità; infatti si può parlare a ra­gion veduta di carità solo là dove Dio e l'anima sono congiunti nell'unione delle virtù. La prima città è il mondo in cui viene posto l'uomo affinché sia messo alla prova il suo amore per Dio e do­ve egli sperimenti la propria infermità, abbia le virtù con cui tornare alla gloria e, purificandosi sulla terra, sia incoronato con maggiore gloria nei cieli. In questa città, si trova una carità disordinata, ossia quella che si prova quando si ama più la carne dell'anima, quando si desi­dera con maggior fervore il corpo al posto dello spirito, quando si onora il vizio e si disprezza la virtù, quando si preferisce essere in pellegrinaggio che in patria, quando si ha più timore di un piccolo uomo mortale che di Dio, il quale regnerà in eterno. La seconda città è quella della purificazione: qui si lava la corruzione dell'anima, perché piacque a Dio or­dinare luoghi simili in cui chi deve essere incoronato viene purificato e dove chi, pur essendo stato insolente per avere trascurato la propria libertà, ha sempre timor di Dio. In questa città si trova la dilettazione imperfetta, perché sebbene Dio sia amato nella speranza che liberi da la prigionia, questo sentimento non si nutre del fer­vore dell'affetto e si basa, invece, sull'amarezza e sul di­sgusto con cui questi uomini soddisfano le loro colpe. La terza città è quella del dolore, ed è sede dell'inferno. Qui regna il piacere per ogni genere di perversità... La quarta città è quella della gloria: qui si trovano la gioia perfetta e la carità decorosa; tutto quello che si de­sidera in questo posto è Dio e per Dio stesso. Per giun­gere alla perfezione di questa città, è necessario avere quattro tipi di carità: quella decorosa, quella pura, quella vera e quella perfetta. La carità decorosa è quella con cui si amano la carne unicamente in quanto sostegno, il mondo senza eccedere, il prossimo per amore di Dio, l'amico per la purezza della sua vita, il nemico per la so­la ricompensa. La carità pura è quella che si raggiunge con la virtù quando non si ama il vizio, quando si disprezzano i co­stumi corrotti, quando non si scusano i propri peccati. La carità vera è quando si ama Dio con tutto il cuore, con tutto l'affetto; quando si considera l'onore che dob­biamo a Dio e quanto dobbiamo temerlo in tutte le no­stre azioni; quando, forti delle nostre opere di bene, non commettiamo il minimo peccato; quando ci mode­riamo da soli, in maniera da non eccedere per troppo fervore e quando non ci lasciamo trascinare verso il peccato dalla pusillanimità e dall'ignoranza delle tenta­zioni. La carità perfetta è quando per l'uomo nulla è più dolce di Dio; essa inizia rinnovando l'amore in questa vita e si compie in cielo». Libro III, 28



Come gli amici di Dio non devono preoccuparsi delle proprie tribolazioni

«Dio non dimentica l'amore che nutre per noi e in ogni istante, data l'ingratitudine degli uomini, manifesta la sua pietà, perché somiglia a un bravo maniscalco che in certi momenti riscalda il ferro, in altri lo raffredda. Allo stesso modo Dio, eccellente operaio che creò il mondo dal nulla, manifestò il proprio amore ad Adamo e ai suoi posteri. Ma gli uomini si raffreddarono talmen­te che, stimando Dio meno di nulla, commisero peccati abominevoli ed enormi. Così, dopo aver mostrato la propria misericordia e impartito i suoi salutari consigli, Dio diede sfogo al fu­rore della sua giustizia con il diluvio. Dopo il diluvio, Dio strinse un'alleanza con Abramo, gli mostrò i segni del proprio amore e guidò tutta la sua stirpe con mira­coli e prodigi. Dio, inoltre, diede la legge al popolo con la propria bocca e confermò le sue parole e i suoi co­mandamenti con segni manifesti. Il popolo trascorse un certo periodo di tempo nelle vanità, raffreddandosi e la­sciandosi andare a così tante follie da rendere culto agli idoli; allora Dio, desiderando accendere e riscaldare nuovamente gli uomini diventati freddi, mandò sulla terra suo Figlio, che ci ha insegnato la strada del cielo e ci ha mostrato la vera umanità da seguire. Ora, sebbene siano troppi coloro che l'hanno dimenticato, o addirit­tura trascurato, egli mostra e manifesta le sue parole di misericordia... Dio è eterno e incomprensibile e in lui sono la giu­stizia, la ricompensa eterna e una misericordia che va al di là dei nostri pensieri. Diversamente, se Dio non aves­se manifestato la sua giustizia ai primi angeli, come si conoscerebbe questa giustizia che giudica tutte le cose con equità? E se per di più non avesse avuto misericor­dia dell'uomo creandolo e liberandolo con segni infiniti, come si conoscerebbero la sua bontà e il suo amore im­menso e perfetto? Quindi, essendo Dio eterno, lo è anche la sua giustizia, alla quale non occorre aggiungere o togliere nulla, come invece si fa con l'uomo che pensa di svolgere la mia opera o il mio disegno in questo o in quel modo, in questo o in quel giorno. Ora, quando Dio ha misericor­dia o fa giustizia, le manifesta compiutamente, perché ai suoi occhi il passato, il presente e il futuro sono presenti da sempre. Per questo gli amici di Dio devono mantenersi con pazienza nel suo amore, senza preoccuparsi anche se ve­dono prosperare chi è legato alle cose del mondo; Dio, infatti, è come una brava lavandaia che lava i panni sporchi fra le onde e i flutti, perché, con il moto dell'ac­qua, diventino bianchi e puliti ed evita con cura le cre­ste delle onde, per paura che possano sommergere i panni stessi. Similmente in questa vita Dio pone i suoi amici fra le tempeste delle tribolazioni e delle meschi­nità, affinché, attraverso esse, siano purificati per la vita eterna, facendo attenzione che non sprofondino in qualche infelicità eccessiva o in una pena intollerabile». Libro III, 30



L’anima è simboleggiata da un anello e il corpo da un panno

La Madre di Dio parla dicendo: «Se qualcuno riceve un anello troppo piccolo per le sue dita, chiede cosa fa­re all'amico. Questi risponde: 'Tagliati il dito, così l'anello sarà della misura perfetta'. Ma l'altro risponde: 'No, piuttosto allargherò l'anello con un martello'. Se qualcuno vuole colare e filtrare la bevanda del Signore onnipotente attraverso un tessuto puro, e chiede consi­glio all'amico, questi gli dirà: 'Togli dal panno tutto ciò che è immondo e filtra la bevanda di nostro Signore là dove troverai qualcosa di puro'. Ma l'altro risponde: 'No, piuttosto laverò e pulirò il tessuto, poi lo userò per filtrare la bevanda'. Lo stesso vale per le cose dello spi­rito. L'anello rappresenta l'anima e il panno il corpo: dunque, l'anima, che deve essere l'anello di Dio, va estesa con il martello della purificazione e della discre­zione. Quanto al corpo, non deve essere ucciso, ma pu­lito con l'astinenza, in modo che attraverso lui le parole di Dio siano diffuse ovunque». Libro III, 34



Le tribolazioni e le consolazioni spirituali

Parla la Madre di Dio: «Gli amici di Dio dicono: 'Vediamo il mondo ora afflitto da una tribolazione spi­rituale, ora rincuorato da una consolazione spirituale'. La consolazione spirituale è un'infusione dello Spirito Santo, consiste nel considerare le grandezze delle opere di Dio e nell'ammirare la sua pazienza e la si prova quando tutte queste cose sono compiute con piacere mediante le opere. La tribolazione spirituale sono i pensieri cattivi, im­mondi ed eccessivamente importuni che si insinuano nello spirito; è lo spirito angustiato dal disonore nei con­fronti di Dio e dal peccato delle anime; lo spirito co­stretto a calarsi nelle incombenze del mondo. Similmen­te talvolta gli amici di Dio possono trovare conforto nel­le consolazioni temporali, come le parole di edificazione e le ricreazioni oneste, oppure parlando delle virtù di qualcuno senza denigrarle né dire alcunché di disone­sto. Potrai comprendere meglio attraverso questo esem­pio: se si tenesse sempre chiuso il pugno, i nervi si ritrar­rebbero oppure la mano si indebolirebbe; lo stesso suc­cede durante gli esercizi spirituali: se l'anima fosse co­stantemente in contemplazione o perdesse coscienza di sé, verrebbe meno per la superbia oppure si assistereb­be al dominio della corona di gloria. Per questo talvolta gli amici di Dio trovano consolazione nell'infusione del­lo Spirito Santo; altre volte, invece, sono afflitti con il permesso divino perché, dopo aver sradicato le tribola­zioni e le radici del peccato, possano radicarsi i frutti della giustizia; tuttavia Dio, che vede nei cuori e com­prende ogni cosa, modera le tentazioni dei suoi amici, affinché esse siano a loro vantaggio; egli, infatti, fa e per­mette tutte le cose con considerazione e moderazione. In questo modo, tu che sei chiamata nello Spirito di­vino non sollecitare la longanimità di Dio, perché sta scritto che nessuno va al Padre se Dio non lo attrae: se il pastore attira e lusinga con un fascio di fiori le pecore verso la sua casa - che è sicura perché non ha uscite, in quanto è circondata da mura, ed ha il tetto alto e le por­te chiuse -,lo fa perché le pecore si abituino a mangiare il fieno dalle sue mani. La stessa cosa è stata fatta per te, perché quello che prima ti sembrava difficile e insop­portabile, ora ti è dolce e facile, tanto che non ti piace nulla all'infuori di Dio». Libro IV,12



Quali sono le lacrime che piacciono a Dio

Il Figlio di Dio dice a Santa Brigida: «Ecco il motivo per cui non esaudisco chi vedi spargere le lacrime e da­re molto ai poveri per il mio onore. Per prima cosa ti ri­spondo: dove zampillano due fontane e una confluisce nell'altra, se una delle due è torbida, anche l'altra lo di­venterà e allora chi potrà berne l'acqua? Lo stesso suc­cede con le lacrime: molti piangono, ma in diversi casi semplicemente perché sono inclini al pianto. A volte le tribolazioni del mondo e il timore dell'in­ferno rendono impure queste lacrime, in quanto non de­rivano dall'amore di Dio. Tuttavia queste lacrime mi so­no gradite poiché sono dovute al pensiero dei benefici di Dio, alla meditazione dei propri peccati e dell'amore di Dio. Lacrime del genere innalzano l'anima dalla terra al cielo e rigenerano l'uomo elevandolo alla vita eterna, perché sono portatrici di una duplice generazione spiri­tuale. La generazione carnale porta l'uomo dall'impurità alla purezza, piange i danni e i guasti della carne e sop­porta con gioia le pene del mondo. I figli di questo tipo di persone non sono figli delle lacrime, perché con que­ste lacrime non si acquista la vita eterna; dà alla luce un figlio delle lacrime invece la generazione che deplora i peccati dell'anima e fa attenzione che suo figlio non of­fenda Dio. Una madre come questa è più vicina al pro­prio figlio che non colei che l'ha generato nella carne, perché solo con questa generazione si può acquistare la vita beata». Libro IV, 13



Gesù Cristo spiega alla propria sposa per che motivo i buoni sono afflitti in questa vita mentre i cattivi prosperano

Parla nostro Signore e dice: «Vedi che l'amico di Dio, anziché riverito, è afflitto; al suo posto viene reso onore al nemico di Dio, che credevi dovesse essere co­me nella visione precedente. La spiegazione è la seguen­te. Le mie parole vanno intese sia in senso spirituale che fisico, perché le tribolazioni del mondo non sono altro che una preparazione e un'elevazione alla corona, men­tre la prosperità del mondo, per chi abusa della grazia, è soltanto una discesa verso la perdizione. Dunque, essere afflitto sulla terra è una vera e propria esaltazione verso la vita; viceversa per un uomo ingiusto prosperare in questo mondo significa scendere all'inferno... Così Dio promette di sovente cose piccole, con cui intende cose eccelse, affinché l'uomo attraverso le cose temporali impari a considerare quelle eterne... Spesso Dio promette cose temporali; talvolta pro­mette cose materiali per riferirsi a cose spirituali affinché il vostro spirito si senta stimolato, mediante i doni rice­vuti, verso il fervore divino e perché, tramite l'intelligen­za spirituale, si umili in modo da non presumere di sé. È quanto fece Dio con Israele: in primo luogo gli promise e gli diede ricchezze temporali e con esse fece grandi meraviglie per istruirlo nelle cose spirituali. In seguito, essendo maggiore la conoscenza della divinità nel loro spirito, per bocca dei profeti disse a Israele parole oscure e difficili da comprendere, accompa­gnandole con cose destinate a consolare e a rallegrare, ossia: promise al popolo il ritorno in patria, la pace perpetua e la ricostruzione di quanto era stato distrut­to. E il popolo intese tutto ciò in senso materiale e co­me tale lo volle possedere, sebbene Dio avesse ordina­to e disposto alcune cose secondo la carne, altre se­condo lo spirito. Ma tu mi chiedi perché Dio, in ogni istante cono­sciuto, non abbia predetto nei particolari ogni cosa e ti domandi quando o per che motivo abbia detto alcune cose e si sia solo limitato ad accennarne altre. La mia ri­sposta è la seguente: Israele viveva nella materia e desi­derava tutto secondo questa e poteva conoscere e rag­giungere le cose invisibili solo attraverso quelle visibili. Per questo piacque a Dio di istruire il suo popolo in di­versi modi, affinché quanti credevano alle promesse di­vine fossero incoronati con maggior eminenza per via della loro fede e, progredendo verso il bene, divenissero più ferventi. Dio fece questo anche perché i trasgressori smettessero di offendere la Divinità con tanta libertà e gli afflitti tollerassero le loro miserie con più pazienza; e perché quelli che lavoravano resistessero con maggior piacere e, attendendo Dio attraverso le sue promesse oscure e velate, fossero incoronati in modo più sublime e glorioso. Infatti, se Dio si fosse limitato a promettere agli uomini propensi per le cose materiali ciò che era unicamente spirituale, essi sarebbero stati disgustati dall'amore per le cose celesti. D'altra parte, se Dio aves­se promesso loro ciò che era materiale, che differenza ci sarebbe stata fra l'uomo e le bestie da soma? Ma Dio, pio e saggio, ha dato all'uomo ciò che è materiale in modo che governi il proprio corpo con mo­derazione ed equità e desideri quello che è celeste. Così gli ha mostrato i suoi benefici e i suoi grandi miracoli e, affinché abbia paura del peccato, gli ha manifestato i suoi terribili giudizi e gli ha mandato dei messaggi tra­mite gli angeli cattivi; questo perché colui che mantiene le promesse ed è autore della saggezza sia atteso e desi­derato... Oggi Dio valuta i giudizi spirituali secondo similitu­dini spirituali; e parlando di un onore materiale, inten­de un onore spirituale, affinché si attribuisca a Dio ogni sorta di dottrina. Cos'è, infatti, l'onore del mondo se non vento, fatica e diminuzione della consolazione divi­na? Cosa sono le tribolazioni se non una preparazione e una disposizione alle virtù? Dunque, promettere al giu­sto l'onore del mondo non è altro che privarlo dei beni spirituali; e promettergli le tribolazioni del mondo, cos'è se non un antidoto, una medicina per curare una malattia grave? Perciò, figlia mia, le parole di Dio possono essere intese in varie maniere; ma, proprio per questo non bi­sogna pensare che Dio sia mutevole, ma essere coscienti della costanza della sua mirabile e formidabile saggezza. Dunque se è vero che attraverso i profeti ho annunciato diverse cose in senso materiale che avevano un riscontro in senso materiale, è anche vero che ho detto diverse cose in senso materiale da intendere e compiere in sen­so spirituale». Libro IV, 15



Disposizione interiore dell'anima

Così come il corpo esternamente è composto da membra, allo stesso modo interiormente l'anima deve essere disposta in senso spirituale. Il corpo è provvisto di ossa, midollo e carne e nella carne scorre il sangue e il sangue è nella carne; similmente l'anima deve avere tre cose: la memoria, la coscienza e l'intelletto. Alcuni, infatti, comprendono cose sublimi sulle sacre Scritture, ma non hanno la ragione: manca loro una parte prezio­sa. Altri hanno una coscienza assennata, tuttavia sono privi dell'intelligenza. Altri ancora hanno l'intelletto ma non la memoria, e ciò li rende molto infermi. Invece so­no fiorenti nell'anima coloro che hanno la ragione sana, la memoria e l'intelletto. Del resto, il corpo ha tre ricettacoli: il primo è il cuore, rivestito da una membrana fragile che lo proteg­ge da qualsiasi cosa immonda, perché, se anche avesse la minima macchia, l'uomo morirebbe in men che non si dica. Il secondo ricettacolo è lo stomaco. Il terzo sono le viscere, tramite cui viene espulsa ogni cosa nociva. Allo stesso modo l'anima deve avere tre ricettacoli di tipo spirituale: il primo è un desiderio divino e ar­dente come un cuore acceso, in modo che essa non de­sideri nulla al di fuori di me che sono il suo Dio; diver­samente, se la colpisse una qualche affezione perniciosa, benché piccola di per sé, ne sarebbe subito macchiata. Il secondo ricettacolo è lo stomaco, ossia una segreta di­sposizione del tempo e delle opere, poiché ogni cibo viene digerito nello stomaco: similmente i pensieri e le opere devono sempre essere assimilati e disposti secon­do l'ordine della divina Provvidenza, con saggezza e uti­lità. Il terzo ricettacolo sono le viscere, ossia la contri­zione divina attraverso cui vengono purificate le cose immonde e il cibo della saggezza divina viene gustato meglio. D'altra parte, il corpo ha tre cose mediante cui pro­gredisce: la testa, le mani e i piedi. La testa rappresenta la carità divina; infatti, così come la testa custodisce i cinque sensi, allo stesso modo l'anima assapora nella ca­rità divina tutto ciò che è vista e udito e compie con grande costanza tutto ciò che viene ordinato. Di conse­guenza, così come l'uomo privo della testa muore, allo stesso modo muore l'anima priva di carità nei confronti di Dio, che è la vita dell anima. Le mani dell'anima simboleggiano la fede: la mano è una ma composta da varie dita e allo stesso modo la fede, benché unica, custodisce diversi articoli; per questo motivo la fede perfetta permette il compimento della di­vina volontà, e deve partecipare a ogni opera di bene; infatti, così come esteriormente si compiono le opere con la mano, allo stesso modo, grazie alla fede perfetta, lo Spirito Santo opera a livello intimo nell'anima, essen­do la fede il fondamento di ogni virtù; infatti, là dove non c'è fede, la carità e le opere di bene sono svilite. I piedi dell'anima sono la speranza, in quanto attraverso essa l'anima va verso Dio; il corpo cammina grazie ai piedi e similmente l'anima si avvicina a Dio con il passo dei desideri ardenti e della speranza. La pelle che copre tutte le membra rappresenta la consolazione divina, che placa l'anima turbata. E benché talvolta al diavolo sia permesso turbare la memoria, oppure altre volte le mani o i piedi, Dio difende sempre l'anima come un lottatore, la consola come un padre pio e la cura come un medico, perché non muoia». Libro IV, 115



Dio va incontro a quanti lo desiderano

Mentre qualcuno recitava il Pater noster, la sposa udì la risposta dello Spirito Santo, che diceva: «Amica mia, per prima cosa ti rispondo, da parte della Divinità, che avrai l'eredità con tuo Padre; secondariamente, da parte dell'umanità, che sarai il mio tempio; in terzo luo­go, da parte dello Spirito, che non sarai tentata più di quanto tu possa sopportare: perché il Padre ti difen­derà, l'umanità ti assisterà, e lo Spirito Santo ti infiam­merà. Perché così come la madre, all'udire la voce del figlio, va incontro a lui con gioia e così come il padre, vedendo il figlio che lavora, gli si fa incontro a metà del cammino e lo aiuta a portare il fardello, allo stesso mo­do io vado incontro ai miei amici, rendo facili tutte le cose difficili e le faccio portare loro con gioia. E come qualcuno che, vedendo una cosa bella, non trova conso­lazione se non la condivide col prossimo, allo stesso modo io mi accosto a chi mi desidera». Libro IV, 117



Il Figlio dell'Eterno è lo Sposo dell'anima

Il Figlio dell'Eterno dice alla sua cara sposa: «Sono come lo sposo che ha preso una sposa che gli reclamano il padre, la madre, il fratello e la sorella. ll padre, infatti, dice: 'Rendimi mia figlia, perché è nata dal mio sangue'. La madre dice: 'Rendimi mia figlia, perché è stata nutrita con il mio latte'. Il fratello dice: 'Rendimi mia sorella, perché è compito mio guidarla'. La sorella dice: 'Rendimi mia sorella, perché si è sfamata con me'. Lo sposo rispon­de loro: 'Padre, se tua figlia è nata dal tuo sangue, ora de­ve essere colma del mio sangue. Madre, se l'hai nutrita con il tuo latte, adesso la ciberò con le mie delizie. Fratel­lo, se finora l'hai guidata secondo i tuoi costumi, adesso si abituerà ai miei. E tu sorella, se è stata sfamata con te, ora lo sarà con me compiendo il mio volere'. Lo stesso è stato fatto con te, perché se ti richiede il padre, sappi che ti colmerò di carità e amore. Se ti ri­chiede la madre, ossia le incombenze del mondo, è compito mio colmarti con il latte delle mie indicibili consolazioni. Se ti richiede il fratello, ossia la tua vo­lontà, rispondi che sei obbligata a compiere la mia vo­lontà. Se ti richiede la sorella, ossia l'abitudine alla con­versazione umana, di' che devi fare il mio volere». Libro IV, 123



Sant'Agnese parla a Santa Brigida di una corona di sette pietre preziose

Sant'Agnese parla dicendo: «Vieni, figlia mia, e porrò sul tuo capo una corona con sette pietre preziose. Cos'è questa corona se non la prova di una pazienza in­superabile, fatta di afflizioni, e a sua volta ornata e arric­chita da Dio con delle corone? Dunque, la prima pietra di questa corona è un dia­spro che ti è stato posto sul capo da colui che vomitava su di te parole ingiuriose, dicendo che non sapeva di quale spirito tu parlassi e che era meglio che tu ti dedi­cassi alla filatura come sanno fare le donne, anziché di­scutere della sacra Scrittura. Di conseguenza, così come il diaspro rafforza la vista ed accende la gioia dell'ani­ma, allo stesso modo Dio suscita la gioia dell'anima con le tribolazioni e illumina lo spirito per comprendere le cose spirituali. La seconda pietra è uno zaffiro che ha posto nella tua corona chi ti lodava alla tua presenza e sparlava di te in tua assenza. Dunque, così come lo zaffiro è del co­lore del cielo e mantiene sane le membra, allo stesso modo la cattiveria degli uomini mette alla prova il giu­sto affinché diventi celeste e mantiene forte l'anima af­finché non diventi preda della superbia. La terza pietra è uno smeraldo che è stato aggiunto alla tua corona da chi sostiene che hai parlato senza pensare e senza sapere quello che dicevi. Infatti, così come lo smeraldo, sebbene fragile per sua natura, è bel­lo e verde, allo stesso modo la menzogna di simili perso­ne verrà messa subito a tacere, ma renderà bella la tua anima grazie al premio e alla ricompensa di una pazien­za insuperabile. La quarta pietra è la perla che ti ha dato chi in tua presenza ha offeso con ingiurie l'amico di Dio, ingiurie delle quali hai provato più risentimento che se fossero state rivolte direttamente a te. Di conseguenza, così co­me la perla, che è bella e bianca, allevia le passioni del cuore, allo stesso modo le pene d'amore introducono Dio nell'anima e placano le passioni della collera e dell'impazienza. La quinta pietra è un topazio. Chi ti parlava con amarezza ti ha dato questa pietra, che tu invece hai be­nedetto. Per questo, così come il topazio ha il colore dell'oro e custodisce la castità e la bellezza, similmente non c'è nulla di più bello e gradito a Dio che amare quanti ci hanno danneggiato e offeso e pregare Dio per quelli che ci perseguitano. La sesta pietra è un diamante. Questa pietra ti è sta­ta data da chi ha ferito gravemente il tuo corpo, cosa che hai tollerato con grande pazienza, a tal punto che non hai voluto disonorarlo. Perciò, così come il diaman­te non si rompe con dei colpi ma con il sangue di capro, allo stesso modo Dio gradisce molto che non si cerchi la vendetta e si dimentichi invece ogni danno ricevuto per amore di Dio, pensando senza sosta a ciò che Dio stesso compie per amore dell'uomo. La settima pietra è un granato. Questa pietra ti è stata data da colui che ti ha recato notizie false, dicendo che tuo figlio Carlo era morto, annuncio che hai accolto con pazienza e rassegnazione. Di conseguenza, così co­me il granato risplende in una casa e sta molto bene in­castonato in un anello, l'uomo sopporta con pazienza la perdita di qualcosa che gli è molto caro, che spinge Dio ad amarlo, che risplende alla presenza dei santi e che ri­sulta gradevole come una pietra preziosa». Libro IV, 124



Tre cose che suscitano amore

«Le tre cose che suscitano amore sono: pregare Dio perché ci soccorra; pregarlo perché ci liberi dalle dilet­tazioni perniciose e pregarlo perché ci dia la volontà di piacergli in ogni cosa; infatti non si ottiene l'amore divi­no se non lo si desidera e tale desiderio non è assennato se non è fondato in Dio. Di conseguenza, nell'uomo si trovano tre cose prima che la carità entri in lui; e altre tre cose entrano in lui dopo che la carità è stata riversata nel suo cuore. Infatti, prima che la carità sia versata e sparsa nell'uomo, egli è turbato dal giorno della morte, dalla diminuzione dei suoi onori e delle sue amicizie, dalle avversità del mon­do e dall'infermità della carne. Tuttavia, dopo aver otte­nuto la carità, la sua anima, afflitta dalle tribolazioni delle cose terrene, gioisce e lo spirito che provava ango­scia per le occupazioni del mondo si dilata e gode nell'onorare Dio e nell'essere afflitto per la sua gloria. Un altro motivo che induce alla carità è lavorare per amore, perché anche recitando un solo Pater noster per ottenere la carità, si farà cosa gradita a Dio e la carità si avvicinerà a noi». Libro IV, 124



L'importanza della confessione

Parla il Figlio di Dio: «La casa in cui c'è il fuoco de­ve essere provvista di un'apertura, affinché esca il fumo e chi vi abita goda del calore del focolare senza inconve­nienti. Similmente è utile che chi desidera conservare il mio Spirito Santo e la mia grazia si confessi di frequen­te, in modo che evapori il fumo dei suoi peccati». Libro V, 7



Sul digiuno

La Santa Vergine parlò alla sposa: «Devi fare ogni cosa con obbedienza e discrezione: mio Figlio preferi­sce che si mangi anziché digiunare, se fare astinenza è contrario all'ubbidienza. Dunque devi osservare tre co­se riguardo al digiuno: innanzitutto non devi astenerti invano dal cibo, come chi, per ostentazione e per esse­re allo stesso livello di quanti digiunano, lo fa senza in­tenzione: ciò è del tutto irragionevole. Bisogna intra­prendere il digiuno con discrezione, a seconda della necessità di moderare i desideri illeciti, e in modo tolle­rabile per la natura; in secondo luogo non digiunare in maniera sconsiderata, come chi lo vuole fare in ugual misura sia nella malattia che quando gode di buona sa­lute: queste persone sfidano la misericordia di mio Fi­glio, come se egli desiderasse parimenti la malattia e le loro opere di bene e la loro buona volontà. Per questo, figlia mia, digiuna con grande saggezza e non appena dovesse assalirti qualche malattia sii più benevola nei confronti del tuo corpo ed abbi la stessa pietà che gli animali, benché irragionevoli, mostrano nei propri ri­guardi, affinché tu non soccomba sotto un fardello ec­cessivo. Infine fai attenzione a non digiunare in modo sconsiderato, come chi si astiene dal cibo per avere una ricompensa e un onore maggiori delle altre persone. Costoro sono come chi digiuna e fissa la propria ricom­pensa nel digiuno. Dunque tu digiuna per piacere a mio Figlio e nella misura in cui te lo concede la natura. Regola il digiuno a seconda delle tue forze e confida sempre nella miseri­cordia di mio Figlio, pur ritenendotene indegna in ogni cosa; e non pensare che qualche tua pena o sofferenza meriti la remissione dei peccati, men che meno una ri­compensa eterna, poiché ciò dipende solo dal fatto che mio Figlio ha misericordia di te». Rivelazioni supplementari 58



La Santa Vergine spiega cosa significhi vivere o morire spiritualmente

Sei giorni prima che morisse Brigida, la Vergine ap­parve alla Santa e le disse: «I medici non affermano for­se che non morirai? In verità essi non capiscono cosa si­gnifichi morire. Muore chi si separa da Dio e chi, incal­lito nel proprio peccato, non desidera espellere l'obbro­brio delle sue iniquità mediante la confessione; muore chi non crede in Dio e non ama il proprio Creatore; vi­ve in eterno chi ha timore di Dio e chi, confessandosi di frequente, purga le sue colpe per giungere a lui. Poiché il Dio che ti parla è l'Autore della natura, di cui dispo­ne, e tiene la tua vita nelle sue mani, non ci si deve aspettare la salvezza né la vita dalle medicine. Non biso­gna affidare le proprie speranze alla medicina, poiché per qualche tempo il tuo corpo ha bisogno soltanto di un po' di cibo». Rivelazioni supplementari 68



Chi non vuole abbandonare il peccato, non è degno della grazia dello Spirito Santo

La Santa Vergine Maria dice: «Sei abituata a dare qualcosa a chi viene a te con una borsa pura e pulita, e a giudicare indegno di ricevere qualcosa da te chi non vuole aprire né pulire la sua borsa piena di fango e di sporcizia. Lo stesso succede nella vita spirituale: quan­do la volontà non intende abbandonare le sue offese, la giustizia non vuole che goda dell'influenza dello Spirito Santo; e quando una persona è priva della volontà di correggere la propria vita, non merita il cibo dello Spiri­to Santo, che si tratti di un re, di un imperatore, di un sacerdote, di un povero o di un ricco».

Rivelazioni spirituali; 87